Le considerazioni di Giorgio Parena a commento del testo di Dario Rei:
dubbi, domande e proposte verso una dimensione progettuale.
Il discorso sul rilancio dei borghi non mi convince: a chi compete? Quali agenti operativi dovrebbero attuarlo? Se consideriamo il testo di Dario Rei, il ragionamento sembra ridursi alla generica proposta di un “hub del territorio”, non meglio definito.
Credo che non sia più il momento (se mai lo sia stato) di affrontare i problemi partendo da una sottintesa, ma evidente volontà di riprogettare il mondo intero, in modo astratto.
Prima di tutto dovremmo accordarci su cosa vogliamo ottenere, quali obiettivi ci poniamo: che cosa intendiamo per “risorgenza dei borghi collinari”? Più abitanti, più giovani, più servizi, più o meno case, strade, infrastrutture, più iniziative culturali? Con quali strumenti si potrebbero realizzare questi obiettivi? E inoltre: si può prescindere dalle istituzioni operanti? Se queste non fossero concordi, su quali puntare? Con quali criteri privilegiarne alcune a scapito di altre?
E in quali rapporti con la popolazione?
Ritengo importante evitare di cadere nella dinamica ottocentesca dell’intellettuale illuminato, che svela la meta alla massa incolta; su questa strada si è già bruciata la credibilità di molte inziative.
La prima questione da affrontare è, a mio parere, conoscere per agire: siamo in grado di fare un’analisi seria del territorio di cui parliamo, per definirne scientificamente caratteristiche, pregi e difetti, ed eventualmente limiti da superare? Chi potrebbe svolgerla e con quali strumenti?
Quali potrebbero essere le committenze e quali i destinatari dell’indagine?
L’andamento e le tendenze evolutive della nostra area collinare dipendono in minima percentuale da fattori locali: sono un tassello di un processo regionale, nazionale (ed oltre), sul quale potrebbero incidere in modo poco significativo scelte localistiche velleitarie.
Possiamo vivere i nostri paesi in modo più o meno intelligente, più o meno incisivo, più o meno culturalmente creativo e partecipe, senza prescindere dall’esistente, con molta umiltà, con un sano senso di appartenenza, “mettendoci a disposizione”, incanalando le energie che ci sono.
Un esempio con-vincente che abbiamo a disposizione è quello della rete del romanico: ci si è arrivati con un’associazione di volontari locali, con alle spalle una struttura economica ed operativa, con l’adesione e la collaborazione libera e spontanea degli enti locali. E con l’individuazione di un obiettivo specifico, chiaro, circoscritto. Un concreto, praticabile rilancio di un aspetto pregevole della nostra realtà.
In altri ambiti non è difficile individuare esperienze innovative interessanti e da supportare, come è possibile compiere delle scelte programmatiche di più ampio respiro, schierandoci apertamente per determinati obiettivi, una volta individuati e condivisi. A mero titolo esemplificativo, tra le prime citerei le iniziative volte a promuovere i prodotti locali, gestite da enti pubblici o consorzi privati: penso alle sagre locali, al consorzio per la promozione del nebbiolo di Albugnano, ai vari mercatini e punti vendita di ortofrutta dei nostri contadini. Tra i secondi penso a prese di posizione e a conseguenti azioni e testimonianze inerenti ad esempio la questione ospedale, la ricorrente idea della tangenziale est, la scelta che qualche comune sta maturando del consumo zero di terreno.
Un altro capitolo interessante che ho avuto modo di approfondire è quello delle biblioteche, della quantità di iniziative che promuovono, dell’opportunità di un loro coordinamento (superata la pandemia).
Vorrei citare anche esperienze più specifiche e locali, che meriterebbero un supporto concreto: penso alla cooperativa con annessa biblioteca civica di Pino d’Asti, all’associazione Animamondo di Mombello e ad altre forme di associazionismo e volontariato che sono (o sono state) presenti ed attive in loco.
L’altra faccia della medaglia, le iniziative cioè che non riterrei di dover promuovere o incentivare, vanno in direzioni opposte a quelle elencate, tali almeno le ritengo. Mi riferisco ad esempio a costruzioni artificiose, scarsamente in sintonia col territorio, a volte nate e finalizzate meramente per acquisire finanziamenti improduttivi, il cui unico reale risultato è di lavare la coscienza di istituti bancari ed affini, per lo più concorsi di idee, che gratificano solo chi li bandisce, ma non costituiscono risposte concrete a problemi reali.
Non metto in discussione la buona fede o i principi condivisibili sui quali spesso poggiano tali iniziative, ma la scarsa attenzione prestata alle istanze locali, l’atteggiamento a volte snobistico nei confronti delle comunità di riferimento, la scelta gratuita di controbilanciare le istituzioni e gli enti legislativamente e costituzionalmente competenti, rendono aridi, se non controproducenti, gli sforzi. Tra gli esempi in positivo vorrei indicare la fattiva collaborazione instauratasi a suo tempo tra un gruppo di volontari ed il parroco don Bertagna per il recupero di san Lorenzo a Mombello: essere riusciti a coinvolgere l’autorità competente nel progetto ha garantito il buon esito dell’operazione.
Vorrei concludere queste considerazioni con un ultimo esempio concreto, che penso sia adatto a chiarire il mio pensiero di tante riflessioni teoriche: sto pensando a Giuseppe Fassino, alla sua operativa testimonianza di vita, al modo corretto in cui ha saputo porsi nei rapporti con il suo territorio e la sua gente. Sono tanti i risultati positivi che con un tale atteggiamento ha potuto raggiungere: dalla rivitalizzata società di mutuo soccorso di Moncucco all’enoteca ed all’annesso ristorante, dalla vigna solidale alla corriera del freisa, dai bottiglioni dipinti da artisti locali e venduti per beneficenza. alla biblioteca enologica, solo per citarne alcuni.
Le sue scelte, la strada da lui indicata hanno trovato eco nella politica amministrativa del comune di Moncucco e non solo; si è così rivitalizzato, anche con un ingente impegno, il castello, si è creato il museo del gesso ed una rete di coordinamento e collaborazione con altre realtà del Monferrato e dell’astigiano. Il fatto che l’evoluzione non sia stata quella che ci si poteva attendere indica con chiarezza il terreno sul quale ha un senso ed un’utilità intervenire con realtà associative o iniziative culturali.
Una presenza intelligente, operativa, sorretta da entusiasmo e disponibilità, un atteggiamento umile, non messianico né snobistico, dal quale abbiamo da imparare ancora molto.
Potrei sintetizzare queste considerazioni, scritte di getto, in una raccomandazione a non operare dall’esterno, a calarsi nelle concrete dinamiche socio/economiche e culturali che caratterizzano il nostro ambiente, con la ottimistica coscienza che si tratti di una realtà vivente ed operante, già strutturata ed organizzata. Bisogna individuarne i gangli vitali, i nodi irrisolti, le contraddizioni, le aspettative ed i limiti; intervenire operativamente su singoli aspetti, su problemi vecchi e nuovi, promuovere le iniziative in cui crediamo, parteciparvi direttamente col proprio lavoro e contributo (non solo intellettuale).
Occorre soltanto che chi ci crede metta a disposizione i propri strumenti, le proprie conoscenze ed abilità, nei limiti delle forze e del tempo di cui ognuno di noi dispone.
Testimonianze di esempi concreti: “Nuovi modelli di comunità” RAI – Radio3 https://www.raiplayradio.it/audio/2021/03/Nuovi–modelli-di-comunit-con-Felice-Cimatti—2499f070-ebe6-443a-9999-dbb1ff1936a5.html